Il fenomeno di cui andremo a parlare riguarda quelli che sono tristemente definiti come “suicidi in serie”, cioè quelle catene di suicidi commessi per imitazione nello stesso periodo di tempo e con identiche modalità. Un fenomeno nuovo? No, nient’affatto.

Nel lontano 1774 il famoso scrittore J.W. Goethe pubblicò quello che sarebbe rimasto il suo romanzo più amato, “I dolori del giovane Werther”, il cui protagonista si toglie la vita alla fine del libro a causa di una sfortunata storia d’amore.

Il romanzo ebbe immediatamente un successo straordinario in tutta Europa e una delle più stupefacenti conseguenze fu… un’incredibile scia di suicidi che all’epoca suscitò scandalo.

Da qui il nome “Effetto Werther” che Arcuri (1999) ha definito come un tipo di comportamento suicidario che avviene per imitazione, quando l’individuo è esposto ad una cronaca o a una storia di suicidio.

Questo tipo di fenomeno, detto anche “Effetto fotocopia” (copycat effect, in inglese) spesso ha luogo dopo la morte per suicidio di personaggi famosi, soprattutto appartenenti al mondo dello spettacolo, il cui gesto ha vastissima eco mediatica.

Nell’agosto del 1962, quando la famosissima attrice Marilyn Monroe si tolse la vita nella sua villa di Hollywood, i media dell’epoca dettero enorme risalto alla tragica notizia e l’aumento dei suicidi nella popolazione fu stimato del 40%.

Bisogna però tener presente che secondo Phillips (1974) l’influenza della massiccia copertura mediatica sui suicidi in serie si fa più consistente nel caso di persone che soffrono di un disturbo mentale, quindi più facilmente suggestionabili, quando riscontrano nel personaggio famoso che si toglie la vita alcune caratteristiche simili alle proprie.

Gli adolescenti, invece, sembrano vulnerabili all’effetto copycat anche soltanto guardando film o fiction che narrano storie di suicidi. Considerata l’esposizione mediatica odierna, l’ ”effetto Werther” è purtroppo quanto mai attuale: in internet è infatti possibile reperire qualsiasi notizia e immagine oppure video; si può fare la conoscenza virtuale con chiunque, anche con altri aspiranti suicidi ed eventualmente pianificare e mettere in atto dei veri e propri patti suicidari.

L’ ”Effetto Werther” non è semplice da arginare, ma un aiuto può provenire proprio da quei media che sono responsabili della sua diffusione: maggiori contenuti educativi in siti e giochi dedicati ai giovanissimi, ai genitori e agli insegnanti, che stimolino il pensiero critico e la creatività possono, infatti, offrire opportunità di apprendimento e riflessione utili a contrastare questo triste fenomeno.

Quando stampa, televisione e social media condividono correttamente l’informazione sul suicidio, non lo romanticizzano e non lo esaltano, il fenomeno copycat può essere contenuto, come è accaduto nel 1994, dopo che il famoso leader del gruppo Grunge Nirvana, Kurt Cobain, si tolse la vita con un colpo di fucile alla testa.

La morte del ventisettenne rocker fu uno shock per un’intera generazione ma al suo drammatico suicidio, per fortuna, non seguì una serie di suicidi in fotocopia e questo perché la stampa si concentrò soprattutto nel mostrare il dolore di parenti e amici seguito al gesto e perché furono lanciate molte campagne per la prevenzione del suicidio e dei disturbi mentali.

E’ necessaria, dunque, una maggior consapevolezza da  parte delle famiglie e della scuola riguardo al rischio che gli individui più suggestionabili come possono essere i giovanissimi, .corrono quando sono esposti a notizie ed immagini di suicidi di personaggi molto famosi, soprattutto se si tratta di persone con cui sono portati ad identificarsi.

Bibliografia di riferimento:

Arcuri, L. (1999), “Effetto Werther. Il comportamento suicidario di tipo imitativo”, Psicologia Contemporanea, 151, 58 – 63.

Farneti P. e Savelli L. (2013), La mente imitativa – come e perché il nostro comportamento è influenzato dagli altri, Milano: Franco Angeli

Phillips, D.P. (1974), “The Influence of Suggestion on Suicide: Substantive and Theoretical Implications of the Werther Effect”, America Sociological Review. Official Journal of the American Sociological Association, 39, 340 – 354.

Dott.ssa Linda Savelli

dottore in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità

dottoressa in Filosofia