Di Avv. Maria Petrini

L’art. 30 della Costituzione italiana “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire e educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio” sancisce per i genitori il dovere di mantenere la prole. Il figlio, dunque, hanno il diritto di essere “mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”. I genitori devono provvedere al mantenimento in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo, (art. 316 bis c.c.).In particolare, nella vicenda separativa della coppia, sia essa coniuga o no, occorre fare riferimento agli artt. 337 ter e segg. c.c. Infatti, dopo aver disciplinato in generale i provvedimenti riguardanti i figli che possono essere adottati nei giudizi di separazione e divorzio, e nell’ambito dei procedimenti riguardanti i figli nati fuori dal matrimonio in caso di cessazione della convivenza tra i genitori, l’art. 337 ter c.c. prevede che ciascuno dei genitori provveda al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, e il giudice, ove necessario, stabilisca la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità. La determinazione dell’importo dell’assegno di mantenimento deve prendere in considerazione le esigenze del figlio, il tenore di vita dello stesso goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti. Il primo parametro che viene preso in considerazione riguarda i redditi dei genitori, derivanti dalle rispettive dichiarazioni fiscali e da ogni altra risorsa economica degli stessi. Il Giudice, se ritiene che le informazioni economiche fornite dai genitori non siano sufficientemente documentate, può disporre un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni, anche se intestati a soggetti diversi. Esistono anche tabelle o protocolli che riportano il calcolo dell’assegno con riferimento a un reddito medio mensile che possono essere utilizzati dal Giudice.

Ma fino a quando permane l’obbligo del contributo al mantenimento?

Esso non viene meno automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora il figlio, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori.La Corte di Cassazione ha specificato che il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni. Per la Suprema Corte, quindi, l’obbligo di mantenimento a beneficio dei figli, anche maggiorenni, sussiste fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica, ma il genitore non è tenuto a mantenere un figlio nullafacente. La valutazione della necessità di detto obbligo, infatti, dovrà tenere conto dell’accertamento della condizione economica dei figli, della loro età, del conseguimento effettivo di un livello di competenza professionale e tecnica, dell’impegno profuso nella ricerca di un lavoro e della complessiva condotta da loro tenuta, a partire dal compimento del diciottesimo anno d’età.

Avv. Maria Petrini