“Inventing Anna” è una miniserie in onda sulla piattaforma streaming a pagamento, Netflix.
La mini serie racconta la storia di una giovane donne di origini russe, trapiantata inizialmente a Berlino e trasferitasi, infine, a New York.
Anna finge di essere una ricchissima ereditiera tedesca, appassionata d’arte e di moda, che vive secondo lo stile di vita dell’Upper East Side di New York , cioè, uno stile di vita lussuoso, caratterizzato da abiti di alta moda, feste esclusive, incontri con persone facoltose e meeting di lavoro con accordi milionari.
La protagonista non avrebbe mai potuto condurre uno stile di vita di questo tipo se non avesse ricorso all’inganno, non solo nel raccontare la sua vera storia personale, ma, soprattutto, al fine di attingere flussi di denaro considerevoli, riuscendo a persuadere banche, imprenditori, avvocati, artisti facoltosi, ricchi conoscenti con tutta una serie di raffinati stratagemmi.
Quello che colpisce maggiormente nei primi episodi è come una ragazza di provincia, non particolarmente attraente o fornita di chissà quale cultura, abbia potuto raggirare personalità potenti e influenti proprio nel loro stesso campo di gioco.
Una delle domande che si ripropone ciclicamente allo scorrere degli episodi è: com’è possibile che riesca a prendere in giro queste persone facoltose? Personalità e personaggi irraggiungibili e potentissimi, raggirati da una ragazza di 25 anni! Com’è possibile? Una delle possibili risposte è che Anna ha giocato al loro stesso gioco, ha giocato sull’apparenza, per cui si è perfettamente “confusa” tra le persone di quel mondo dorato e blasé in modo molto semplice: indossando vestiti e scarpe di lusso e fingendo di appartenere a quel mondo da sempre… basta poco per entrare in una delle élite più esclusive del mondo! L’alta società di New York si è lasciata abbagliare dalla superbia di Anna, dai suoi vestiti e dai nomi altisonanti di persone che di fatto non conosceva… Anna è riuscita a creare un’illusione assolutamente convincente tramite il sapiente utilizzo dell’apparenza, senza avere alle spalle nessun tipo di sostanza e di consistenza. L’apparenza è l’unica cosa che lega le persone della società rappresentata: legami stretti in base alla convenienza e al tornaconto personale, senza nessun interesse ulteriore, né tanto meno, vero affetto. I protagonisti della serie pensano di poter ottenere tutto ciò che desiderano attraverso Anna verso cui nutrono simpatia, che, comunque non è necessaria per mantenere con lei dei rapporti saldi. La stessa Anna sembra essere consapevole del motivo per cui le persone si avvicinino a lei e non si aspetta null’altro dagli altri se non la reverenza assoluta, in cambio di lustro e denaro.
Anna ha inventato un personaggio e ha volutamente ingannato gli altri per poter accedere a delle opportunità che altrimenti non avrebbe avuto, come la possibilità di istituire a suo nome la Fondazione d’Arte, che non avrebbe avuto senza un nome altisonante e l’accesso a fondi economici ed aiuti altamente specializzati.
Tutto ciò stimola una riflessione su come sia insidiosa la mobilità sociale e su come possano le nuove generazioni, che non provengono da classi sociali elevate, avere l’opportunità di realizzare i loro progetti. Inoltre, da questa interessante serie emerge anche come essere una donna, per quanto benestante, possa essere rivelarsi un ostacolo per dar vita ai propri progetti, tanto che Anna è costretta a rivedere il suo modo di vestire per avvicinare donne facoltose e potenti che possano indirizzarla e metterla in buona luce con le persone che contano, fino a cambiare ancora stile per riuscire ad ottenere un importante prestito economico.
C’è in ballo molto di più del gioco dell’apparenza e della sostanza, nel cambiare se stessi e far credere di essere diversi per ottenere quello che si vuole perché non ci sono alternative per realizzarsi, se non fingere.