Di Dott. ssa Fabiana Avallone, Biologo nutrizionista

Il colon irritabile è uno dei motivi per cui più spesso le persone consultano il medico.  Nei paesi industrializzati circa il 20% della popolazione ne soffre, ma le donne sembrano risultare più colpite degli uomini.

Con l’espressione “colon irritabile” si intende un ampio insieme di disturbi intestinali cronici, riferibili all’intestino crasso. A causa della mancanza di alterazioni strutturali, il colon irritabile rientra nei disturbi funzionali del tratto gastrointestinale che hanno un’origine multifattoriale. Il colon irritabile si caratterizza per la mancanza di un test diagnostico specifico e l’aspecificità dei suoi sintomi.

Si può parlare di sindrome del colon irritabile quando la sintomatologia è presente da almeno 12 settimane, non necessariamente consecutive, e se nei 12 mesi precedenti  sono stati presenti disagi addominali che presentino tre delle seguenti caratteristiche:

– dolore o fastidio addominale che migliora con l’evacuazione;
– esordio associato a un cambiamento di frequenza dell’evacuazione;
– esordio associato a un cambiamento di forma (aspetto) delle feci.


La diagnosi è supportata anche da alcuni altri sintomi:

– frequenza dell’alvo anormale (più di tre volte al giorno o meno di tre a settimana);

– consistenza delle feci alterata;

– disturbi alla defecazione (senso di urgenza, sforzo eccessivo, sensazione di svuotamento incompleto);

– presenza di muco nelle feci;

– meteorismo o distensione addominale.

Ancora oggi le cause specifiche di questa sindrome rimangono sconosciute, ma secondo alcune ipotesi accreditate, all’origine potrebbe esserci una comunicazione anomala tra encefalo, fibre nervose che innervano l’intestino e i muscoli intestinali. Altre ipotesi, degne di attenzione, associano questa sindrome ad alcune tipologie di alimenti, come i carboidrati e proteine come il glutine.

È noto ormai che fattori psicologici, quali ansia, somatizzazione e depressione, presenti in circa l’80% dei pazienti, non siano l’unica causa scatenante. Vari studi suggeriscono anche che l’alterazione della flora batterica intestinale, causata da una alimentazione disordinata, possa essere un fattore determinante nell’instaurarsi del disturbo.

Alcuni studi hanno supportato questa ipotesi, sperimentando negli individui affetti una supplementazione con prebiotici (fibra solubile che rappresenta un substrato per i nostri batteri) o probiotici (microrganismi vivi che si ritrovano nel nostro intestino).

Il primo passo per risolvere il quadro di IBS (Irritable Bowel Syndrome – sindrome del colon irritabile) è rappresentato dal prestare una particolare attenzione alla flora batterica intestinale, che deve mantenersi in equilibrio; esistono anche varie sostanze fitoterapiche che possono essere di aiuto (per esempio, l’olio essenziale di menta piperita, che rilassa la muscolatura liscia intestinale, allevia gli spasmi ed i crampi addominali, normalizza l’alvo ed elimina meteorismo e flatulenza). Quando questi interventi non bastano, e le persone continuano a soffrire del disturbo, alcune ricerche suggeriscono la presenza di intolleranze alimentari, reazioni avverse non tossiche e non immuno-mediate ad alcuni componenti dei cibi (istamina, glutammato, ecc.) o reazioni metaboliche dovute ad alterato assorbimento di alcuni carboidrati (per esempio, i FODMAP).

La dieta FODMAP è, quindi, uno dei possibili approcci alla sindrome del colon irritabile. Gli alimenti contenenti elevate quantità di carboidrati a corta catena hanno la particolarità di essere poco assorbiti nel piccolo intestino ed una grande abilità di richiamo di acqua. Questo meccanismo può determinare un processo di iperfermentazione da parte dei batteri intestinali, causando la proliferazione batterica e, quindi, disturbi di malassorbimento.
Normalmente, i FODMAP svolgono importanti funzioni nutrizionali come quella energetica, modulante per l’intestino nonché prebiotica. I FODMAP, quindi, sono agenti benefici. Il problema è, dunque, legato alla soglia di tolleranza soggettiva che, in chi soffre di IBS è molto più bassa della norma. La dieta FODMAP, si incentra prevalentemente sulla limitazione dei fattori dietetici che correlano all’insorgenza e all’aggravamento dei sintomi tipici dell’IBS.

L’azione dei FODMAP è, quindi, legata alla tolleranza del soggetto ed è dose-dipendente. L’efficacia di tale dieta dipende da molti fattori e varia da persona a persona.

Bibliografia di riferimento:

1. Drossman DA, Corazziari E, Delvaux M et al. Rome IlI: the functional gastrointestinal disorders, third edition. Ed. Degnon Associates: McLean Virginia, 2006.

2. Longstreth Gr, Thompson WG, Chey WD et al. Functional bowel disorders. Gastroenterology 2006;130:1480-91. 3. Drossman DA, Whitehead WE, Camilleri M. Irritable bowel syndrome. A technical review for pratice guideline development. Gastroenterology 1997;112:2120-37.